Il ritorno in auge dei media tradizionali
Mai come in questo periodo di “infodemia”, la polemica tra fautori e utilizzatori di mass e social media era stata così centrale. Una serie di dati e studi su informazione e Coronavirus parlano di fiducia ritrovata nei confronti dei media mainstream, rimettendo al centro la televisione.
La pandemia ha cambiato il rapporto con i giornali, le notizie e le nostre fonti di informazione. Numerosi studi hanno provato a indagare il binomio coronavirus –informazione, con approcci diversi ma arrivando a risultati allineati che mettono in luce alcune tendenze significative sull’evoluzione della comunicazione e il rapporto tra new media e media tradizionali.
Tra tutti, un fil rouge è stato l’aumento della quantità di informazione consumata nei paesi in lockdown: secondo Comscore, in Italia le visite ai siti generalisti di news sono aumentate del 142% allo scoppio dei primi focolai di Coronavirus, rispetto all’inizio del 2020. Anche l’analisi di Audiweb rileva che durante le prime due settimane di lockdown italiano, la curva dell’audience è cresciuta soprattutto per i siti di news e informazione, che hanno raggiunto in media un +102% e segnato picchi di +123%, per esempio, nelle categorie legate all’attualità e all’informazione internazionale.
Meno social, più media tradizionali
Un altro aspetto che sembrano avere in comune molti studi su mass media e comunicazione nel periodo Covid ha a che vedere con una controtendenza rispetto alla scelta dei social media come fonte primaria d’informazione. Ormai da anni presenti nella dieta mediatica degli italiani e, in non pochi casi, come fonte privilegiata per informarsi soprattutto quando si è fuori casa o in movimento, si evidenzia una controtendenza dell’utilizzo dei social a scopo informativo. Piuttosto, sempre secondo lo studio di Comscore, solo il 32% degli italiani li sceglierebbe come fonte di informazione unica o privilegiata, al penultimo posto nella classifica di fonti considerate “fiduciarie”, a favore invece dei media tradizionali e digitali.
La fiducia come leva comunicativa
Con la crisi, cresce il bisogno di accedere ad informazioni affidabili. Nell’emergenza i cittadini hanno riscoperto l’esigenza di riconnettersi con fonti affidabili per un’informazione credibile, avvalorata da firme in calce ad un articolo. I dati di share, delle copie vendute, della raccolta pubblicitaria sono stati indicativi.
In questo contesto, i mass media nazionali – tv, radio o carta stampata che siano – insieme alle testate locali, tornano ad essere all’origine di un’informazione di qualità.
I social hanno lavorato di riflesso su un’informazione già acquisita, creando una fitta interazione di messaggi sulla Rete alla ricerca di un confronto e ponendo in particolare il problema dell’attendibilità delle notizie (le cosiddette fake news). Secondo il Digital News Report 2020 di Reuters, infatti, assieme alla ricerca di notizie affidabili, cresce anche la preoccupazione per la disinformazione. Più in generale, rispetto alle rilevazioni dello scorso anno, è scesa di 4 punti la fiducia nelle notizie (attestandosi al 38%), con il 60% delle persone che preferisce notizie neutre che si limitano all’esposizione dei fatti senza esprimere giudizi di parte.
Si conferma quindi la “rivincita” dei mass media tradizionali, all’interno di un trend di crescita inarrestabile dei social, che pur nella crisi stanno scoprendo a loro volta nuove funzioni e spazi.
Media tradizionali anche per i giovani, conversione digitale per i più maturi
Come confermano anche gli insight di GfK su Media e Comunicazione, anche la fruizione di media tradizionali e nuovi media è notevolmente cambiata dopo l’inizio dell’emergenza Covid-19. Ne hanno goduto in maniera importante TV tradizionale (+18%) e web (+25%), che hanno registrato incrementi inediti, trainati da un’altissima domanda di contenuti informativi, di intrattenimento e di comunicazione.
In generale, il lockdown forzato a casa ha spinto gli italiani ad attivare nuove modalità di fruizione dei mezzi e li ha resi più multimediali, inducendo, per contro le generazioni più giovani a scoprire e aprirsi ai media tradizionali. Mentre le generazioni più mature sono state portate ad accelerare la conversione ai new media digitali. Tutto questo può essere un lascito per la nuova normalità, anche dopo l’emergenza sanitaria.
Nuove abitudini: lo spartiacque televisivo
Con la crisi sono appunto tornati in auge gli “old” media come la televisione, anche tra i giovani. Soprattutto nelle prime settimane della crisi, la TV ha rappresentato un punto di riferimento per gli italiani, una fonte preziosa di informazioni in un momento di forte incertezza. Le persone hanno spesso scelto la televisione tradizionale per ascoltare le comunicazioni del governo, per ottenere informazioni sui decreti e aggiornamenti giornalieri sull’evoluzione dell’epidemia.
Il ruolo decisivo della tv è comprovato da numerosi indicatori, oltre che dalla comune esperienza. In particolare per il nostro Paese, secondo Confindustria Radio Televisione, nelle prime quattro settimane dallo scoppio dell’emergenza gli ascolti televisivi, spinti anche dalla prevalente presenza delle persone a casa, hanno registrato nuovi pubblici e nuove fasce di ascolto, anche appunto tra i più giovani.
Presente e futuro di comunicazione e media
Il Covid-19 ha segnato una sorta di spartiacque nella comunicazione dei media tradizionali e digitali. Ad esempio, se è vero che la tv rimane tradizionale per i suoi contenuti (data la forte necessità e richiesta di informazione e intrattenimento), sta cambiando progressivamente il modo di guardarla. Anche i contenuti della tv generalista viaggiano ormai in rete, possono essere visti da diversi dispositivi, telefonini compresi, sia in diretta che in differita, grazie all’on-demand. Si tratta di una concezione dei media tradizionali basata su una sorta di possibilità di consumo “à la carte”, personalizzata e in mobilità, quando e dove si desidera.
Un discorso a sé merita la radio, che sta svolgendo una funzione essenziale, anche in questo caso con notevoli incrementi di ascolto, malgrado la quasi totale sparizione della fruizione dell’autoradio, e un fondamentale ruolo di informazione, approfondimento e rassicurazione degli ascoltatori.
Questi trend rappresentano uno sguardo sul futuro: i media tradizionali non sono morti e non moriranno, ma la battaglia premierà gli editori e gli addetti alla comunicazione che sapranno intercettare meglio queste tendenze che provengono chiaramente da chi li consuma.
Come spesso accade nei fenomeni comunicativi e sociali, la verità probabilmente sta nel mezzo. Mass o social che siano, i mezzi di comunicazione sono appunto un “mezzo” e a seconda dell’obiettivo perseguito ve ne sarà uno più adatto dell’altro, in una pluralità di strumenti di comunicazione e strategie media sempre più al centro delle agende dei comunicatori, delle organizzazioni, del futuro della politica e della nostra società.
Articolo di Silvia Asperges
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