Che cos’è Mastodon, il nuovo social network alternativo a Twitter
Come funziona la più grande rete di microblogging libera, open-source e decentralizzata del mondo
In seguito all’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk, nonostante gli ultimi tentennamenti riguardo la verifica della percentuale degli account fake, da mesi rimbalza il nome di un altro social che rappresenterebbe l’alternativa etica alla piattaforma di microblogging più utilizzata ad oggi.
Mastodon è stato fondato nel 2016 dal tedesco Eugen Rochko e conta ad oggi già 4,4 milioni di utenti, molti dei quali emigrati da Twitter alla ricerca di un social alternativo al modello tradizionale dei social network commerciali.
Il giovane informatico tedesco si è posto subito in opposizione al capitalismo delle Big Tech schierandosi contro la questione spinosa del trattamento dei dati personali, ma ancora di più contro la polarizzazione del dibattito politico durante il periodo della presidenza Trump, un fenomeno senza dubbio accentuato dalle dinamiche di Twitter.
Come funziona Mastodon e le differenze con Twitter
Per comprendere il funzionamento di Mastodon basterebbe dimenticarsi del modello tradizionale dei social che conosciamo.
Su Facebook non siamo proprietari di niente poiché il potere sia in termini di controllo dei server e del software sia in termini di libertà di pensiero risiede ad esempio nelle politiche di moderazione interne all’azienda stessa.
Concretamente, Mastodon, dichiarandosi come una piattaforma decentralizzata e open-source, delega agli utenti stessi la facoltà di creare topic di discussione (con delle sezioni chiamate “istanze”) aggiungendo la possibilità di gestire le linee di moderazione e cambiarle per ogni istanza. Ogni istanza si presenta con due timeline: una locale e una federale. Nella prima leggiamo solo i toots (cioè i post) condivisi dai membri dell’istanza, nella seconda si aggiungono invece anche i toots provenienti dalle istanze a cui non siamo iscritti, ma che i nostri “amici” seguono. È possibile anche un controllo più dettagliato della visibilità dei toots: ogni post può essere visibile a scelta sulle timeline locali (istanze) o globali (federate) o su entrambe, pubblico ma non visibile sulle timeline, o totalmente privato. Accedendo all’unica istanza italiana, Mastodon.uno leggiamo i seguenti divieti: apologia fascismo, razzismo, sessismo, transfobia, proselitismo, odio religioso e diffusione di fake news.
La struttura decentrata è da vedersi come una federazione di diverse comunità, una rete formata da nodi indipendenti, dentro cui, similmente a Twitter, vige il limite dei 500 caratteri. Possiamo seguire e comunicare con utenti di diverse istanze attraverso il feed personalizzato, ma la grande differenza che salta agli occhi è l’assenza di pubblicità e conseguentemente viene meno il pericolo che qualcuno entri in possesso dei nostri dati privati. Un paradiso per tutti coloro che vogliono sottrarsi al cosiddetto capitalismo della sorveglianza senza dover rinunciare del tutto all’utilizzo dei social network.
Al momento, essendo una piattaforma libera e senza scopi di lucro, Mastodon è autogestito dagli utenti. Chi crea una istanza è responsabile anche della manutenzione e del pagamento del server che la ospita. Tutti gli introiti sono invece garantiti tramite donazioni su una pagina dedicata del sito oppure su Patreon.
L’aspetto più interessante su cui le agenzie di pubbliche relazioni rifletteranno nel prossimo futuro sarà comprendere come integrare la comunicazione di brand e aziende su questo nuovo social network. L’assenza di pubblicità e di profilazione degli utenti porterà sicuramente a un ripensamento nella gestione della comunicazione. Sarà necessario intraprendere nuove strade, per cui il social media marketing e le attività di pr & communication potrebbero subire una certa evoluzione, ma al momento è difficile prevedere i prossimi passi di Mastodon, soprattutto se dovesse ricevere afflussi di utenti ancora più significativi.
Articolo a cura di Micael Chimienti
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